Dalle parole del fotografo:
“Sono arrivato in Slam tramite un piccolo ma agguerrito team della mia città, con il quale avevo mosso i primi passi nel mondo della vela. In poco tempo mi sono ritrovato a bordo di imbarcazioni di carbonio, gommoni ed elicotteri, e al seguito di equipaggi e velisti di fama mondiale, nei campi di regata più prestigiosi.
Un’esperienza davvero unica per un figlio della pianura come me, per giunta architetto di formazione, e molto poco sportivo. Forse però è stato proprio l’avere uno sguardo formato nell’architettura a distinguermi: durante una Regata a Porto Cervo, persino Carlo Borlenghi notò le mie foto per la loro particolare ed insolita costruzione geometrica, e mi propose di aiutarlo con Mascalzone Latino. Parlavo una lingua diversa, insomma, in questo pazzo mondo di marinai.
Ma se da un lato risultavo un po’ fuori posto nel mondo del mare, avendo affrontato negli anni i generi fotografici più diversi, dall’altro mi sono sempre sentito a casa in Slam, dove ho trovato prima di tutto un clima di grande fiducia, e col tempo delle vere amicizie.
Ci vuole fiducia a portarsi un architetto ai Caraibi, aspettando che rientri dal mare con delle foto buone sotto 30 nodi di vento, e ci vuole fiducia ad affidargli tanti anni di servizi fotografici delle collezioni.
Ma c’era un sodalizio di fondo, a far funzionare le cose così bene: l’idea che Slam dovesse essere raccontata per com’era: un’azienda di persone con il sale nei capelli, le mani sbucciate, e la pelle segnata dal sole, ma che amano il mare più di tutti, e hanno sempre il sorriso sulle labbra.
Ed è esattamente il mio modo di vedere le cose, e il modo in cui cerco di usare questo magnifico linguaggio dell’immagine: come un’opportunità di conoscere il mondo, e le persone che lo abitano, con il trasporto e l’entusiasmo verso ogni possibile diversità.
Con Slam abbiamo viaggiato e sorriso insieme, e spero di poter continuare questo bellissimo viaggio tanti anni ancora.”
