Mickey Bear, il maglione che ha segnato un'epoca

La storia dell’iconico capo che racconta la nascita di Slam

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Prima di Slam il pile veniva utilizzato principalmente per fabbricare peluche

È il 19 dicembre del 1979. Le temperature sono particolarmente rigide, questo inverno, specialmente se si deve affrontare una regata in barca a vela. La lana è un ottimo tessuto, ma non in mare: basta un’onda per inzupparla completamente e, prima che asciughi, ci vogliono ore. Ore di umidità e brividi a cui il velista è certo abituato, ma di cui farebbe volentieri a meno. È così che quattro ragazzi appassionati di vela arrivano con un capo particolare, realizzato con un materiale quasi inedito nel mondo velistico e, fino ad allora, utilizzato più per i peluche che per l’abbigliamento: è il Thermal Fleece, comunemente chiamato “pile”.

Molti velisti non ne hanno mai sentito parlare: lo palpano, lo studiano, cercano di intuirne le potenzialità. Alcuni di loro, alla fine, lo scelgono per regatare durante il Campionato Invernale. È l’inizio di una svolta: sia per il mondo della vela, sia per i quattro giovani protagonisti. Al maglione che hanno iniziato a distribuire danno un nome simpatico, Mickey Bear: ricorda il Teddy Bear, l’orsetto di peluche, fino ad allora uno dei pochi oggetti realizzati in pile. Il Mickey Bear diventa il primo di una lunghissima serie di capi a marchio Slam.

Tutti ne sono entusiasti, al punto che i fondatori iniziano a crearne nuove versioni, sempre migliori, aggiungendo anche pantaloni e gilet. Tra gli atleti professionisti che scelgono il Mickey Bear per le sue caratteristiche tecniche innovative ed estremamente performanti, anche Dodo Gorla e Alfio Peraboni, che stanno per partecipare alle Olimpiadi di Mosca del 1980. Sono veloci, determinati, e vanno forte, anzi fortissimo: la medaglia di bronzo nella classe Star è loro. Dodo e Alfio, sul terzo gradino del podio, portano anche il Mickey Bear e la neonata Slam, dando così inizio a un’altra grande storia.

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