Alessandra Sensini: nata per vincere
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Per l’ultima edizione, che ha preceduto quella che sarà organizzata in Italia dal 12 al 20 luglio 2024, si è ritrovata a fine 2023, dopo 35 anni, a Buzios, in Brasile, stessa località che le regalò un argento al mondiale femminile assoluto. Una coincidenza che ha fatto rivivere ad Alessandra intensi momenti personali e sportivi.
In questa intervista abbiamo cercato di capire quanto lavoro c’è dietro il ruolo di Direttore giovanile; quale regia è necessaria per arrivare all’appuntamento più importante dell’anno preparati, motivati, sereni, in un settore, quello giovanile under 19, così delicato, a volte complicato, ma sicuramente stimolante per l’età stessa degli atleti, che hanno l’opportunità di crescere in una realtà altamente formativa. Certamente le medaglie conquistate (6 nell’ultima edizione) non piovono dal cielo, ma sono frutto di un gran lavoro, che parte dalla base, dai circoli, dagli allenatori, per arrivare ai tecnici federali e ai preparatori atletici sia di circolo che del CONI: una vera e propria filiera che nel momento in cui trova il suo equilibrio, le giuste motivazioni, porta quei frutti, che si materializzano in medaglie, in vittorie, in podi. Ma prima di tutto in esperienze umane e sportive, che fanno crescere i giovani velisti con valori importanti, come quello di credere nella squadra, oltre al gran lavoro personale o in equipaggio.
È stato stimolante; quella medaglia d'argento per me aveva significato moltissimo, perché lì avevo vinto per la prima volta una medaglia ad un mondiale assoluto. Vincere una medaglia ad un evento come il mondiale giovanile, è un momento anzitutto formativo, che ti dà tanto. Per questo cerco di far vivere l'evento ai ragazzi in maniera tale che possa essere una tappa importante, che possa trasmettere un insegnamento, a prescindere dal risultato.
Deve rappresentare una tappa di crescita, una tappa dove chi si seleziona ha la possibilità di vivere un evento sicuramente diverso da quelli che ha vissuto fino ad allora, perché trovarsi a regatare con un solo atleta per nazione, è completamente diverso rispetto ad eventi “open”, come i Campionati di classe, dove sono molti di più.
Inoltre si percepisce l’importanza della squadra e ci sono tanti fattori nuovi: gli atleti non hanno il proprio allenatore, ma quello nazionale; inoltre barche, vele, tavole, sono fornite dall’organizzazione e l’atleta deve gestire da solo tante fasi sia a terra che in acqua, per cui questo insieme di novità permettono una crescita personale importantissima, indipendentemente dal risultato finale.
Da quando ricopro il ruolo di direttore tecnico abbiamo conquistato il National Trophy tre volte. Dietro c'è tanto lavoro perché si seguono i ragazzi attraverso anche i loro allenatori nella programmazione di tutta la stagione.
Ci sono poi gli allenamenti collegiali dove tutti i ragazzi selezionati possono stare insieme e conoscersi. Quello che mi è piaciuto moltissimo nella scorsa edizione è che i ragazzi erano veramente motivati fin dall’inizio: si aspettavano sullo scivolo, si aiutavano e questo è fondamentale, perchè il senso di squadra fa la differenza.
È anche vero che l’Italia è riuscita sempre a vincere quando l’evento si è svolto nell’emisfero australe, verso la fine dell’anno, potendo così avere tempo per preparare bene i ragazzi durante i mesi estivi, cosa che non si ripete quest’anno al Garda. Per la precedente squadra sapevamo di avere ottime singolarità, dimostrate con vittorie a campionati internazionali, ma è stato fondamentale creare un ambiente positivo in grado di mantenerli concentrati nell’evento, riuscendo parallelamente a farli divertire e a fargli vivere il tutto con un po' di leggerezza. È un equilibrio che bisogna riuscire a creare e questo è l'obiettivo dello staff tecnico, che si avvale della collaborazione di varie figure, che nei mesi che precedono l’evento, possono contribuire a centrare l’obbiettivo.