Tenacia e perseveranza, se applicate da un singolo individuo, possono portare al successo.
Ma tenacia e perseveranza, se portate avanti collettivamente da un gruppo di atleti capaci ognuno di dare il proprio determinante contributo al team, garantiscono il successo. Soprattutto in barca.
I 15.134 km di coste che caratterizzano la Nuova Zelanda rendono questo Paese fortemente legato al mare e alle attività che vi si possono svolgere, vela compresa. Una storia che parte da lontano, quando nel 1840 – sulla spinta dei coloni inglesi arrivati all’inizio del secolo sull’isola – s’iniziò ad usare le barche da lavoro per competizioni da svolgersi rigorosamente davanti ai porti.
Nacquero così le peach boats, chiamate in questo modo per l’utilizzo cui erano prevalentemente e tradizionalmente votate: il trasporto e il commercio delle pesche.
Fin da allora, fin da subito, era evidente come per riuscire in quella nuova e stimolante disciplina fosse assolutamente imprescindibile un grande spirito di squadra, caratterizzato da un approccio semplice ed intuitivo alle cose, oltre che da lealtà e fiducia reciproche.
L’Emirates Team New Zealand è formato da un insieme eterogeneo ma davvero selezionato di persone, ognuna concentrata su un singolo obiettivo da condividere poi in vista del successo finale. Non si scende facilmente a compromessi e mentre, da un lato, si esplora sempre con mente apertissima ogni possibile scenario, dall’altro i ruoli definiti all’interno del gruppo permettono a ciascuno di godere di una grandissima fiducia per quanto riguarda il compito che gli viene assegnato.
Una combinazione preziosa e fondamentale per riuscire a sviluppare le abilità incredibili che l’Emirates Team New Zealand dimostra in ogni regata, insieme alla straordinaria capacità di andare oltre i propri limiti e superarli.
Ma è l’intero team ad assicurare valore, separatamente ed insieme. Dal fuoriclasse Peter Burling, che nel 2017 fu il più giovane timoniere ad aver vinto un America’s Cup proprio con l’Emirates Team New Zealand, al neofita Dougal Allan, che partecipa alla Coppa per la prima volta. C’è poi Hamish Bond, ex atleta di canottaggio e ora ciclista, capace di applicare l’esperienza maturata in anni di sport ad altissimo livello alla forza fisica dirompente necessaria per il suo ruolo.
Anche Cam Webster proviene dal canottaggio, disciplina per la quale ha militato nella nazionale neozelandese addirittura dieci anni, così come Marius Van Der Pol, che detiene invece il record nazionale dei 500 metri di ciclismo su pista. Ma lo stesso Van Der Pol, a soli 20 anni, ha completato l’intero giro del suo Paese in bici senza alcuna esperienza pregressa: cosa che lo ha portato, oggi, ad essere uno dei più preziosi ciclisti del team. E a proposito dei ciclisti, Simon Van Velthooven è stato uno dei primi tester durante le iniziali sperimentazioni della loro introduzione a bordo: ancora oggi ne fa parte.
Se Marcus Hansen si è avvicinato per la prima volta al mondo della vela alla giovanissima età di 7 anni, Blair Tuke ha iniziato a navigare a 11, imponendosi poi con Peter Burling in ben quattro mondiali consecutivi, nella classe 49er, dal 2013 al 2016. Non vanno altresì dimenticati Louis Crosby, Ash Draper, Josh Junior, Andy Maloney, Sam Meech, Nathan Outteridge, Kim Simperingham, Louis Sinclair e ovviamente coach Ray Davies.
Ogni nome un volto e ogni volto un tassello importantissimo per costruire la rotta e avvicinare l’Emirates Team New Zealand alla vittoria. E di far progredire lo sport della barca a vela verso cambiamenti sempre più incisivi, resi possibili grazie ai suoi protagonisti.